Lettera ad un elleboro
Quando una cliente ci scrive un racconto così autentico, non possiamo che accoglierlo come si accoglie una fioritura inattesa. Felicina ha partecipato a un concorso letterario per Gardenia, raccontando il suo incontro con un elleboro. Non ha vinto, ma ha saputo toccare corde profonde: la meraviglia del risveglio, la scelta consapevole, la tenerezza del prendersi cura. Con il suo permesso, pubblichiamo qui il testo integrale, come gesto di gratitudine e condivisione. Perché ogni elleboro ha una storia, e ogni storia merita ascolto. Ecco il testo....
Al mattino, quando il cielo si tinge di un vibrante albicocca, affido all’alba il desiderio di tornare ad ammirarti, per un giorno ancora, che vorrei dilatare all’infinito.
Non c’é pretesa né insolenza ma solo palpabile entusiasmo che cela una crescente passione, scoperta in recenti stagioni della mia vita.
Quasi ad ogni risveglio, mi entusiasmo nell’immaginare come sarai, una volta spalancata l’imposta del terrazzo, all’ombra della grande cassapanca in legno che giace indolente da tempo immemore.
Dalla terra sopita, si ergono i tuoi steli sottili e le foglie coriacee che si schiudono in generosi sepali bianchi, punteggiati al cuore di un borgogna intenso.
Sei raro nella tua inebriante bellezza e, per questo, caro alla mia anima contemplativa che indugia con delizia nel ricordo del nostro primo “incontro”.
Ti scelsi una mattina di febbraio, nella mischia di tanti splendidi esemplari, ordinatamente disposti su di un bel tavolo che, osservato dall’ingresso della serra, si atteggiava a festoso prato fiorito.
Mi sono persa in centinaia di meravigliosi ibridi, rapita dai colori dei sepali reclinati, unici e diversi tra loro, dal portamento sinuoso delle foglie palmate e leggermente dentellate, dai boccioli turgidi, pronti a schiudersi.
Ho scelto te, portandoti a casa con la stessa emozione di chi adotta un cucciolo per la prima volta e ti ho sistemato in una terracotta semplice, con la premura di fornirti un comodo alloggio in cui poterti adattare al meglio.
Da allora, i giorni scandiscono il nostro tempo insieme; ti vedo spogliarti dei tuoi preziosi sepali all’arrivo dei primi tepori e destarti dal riposo quando tutt’intorno il resto é un ciclico, immobile torpore.
Ammiro la tua imperitura resilienza, la fierezza di chi in controtendenza si piega e non si spezza, proprio come me.
Caccuri Felicina
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