Helleborus vesicarius Aucher

Famiglia: Ranunculaceae
Sezione: Sincarpon
Gruppo: Acaulescent
Dimensioni: altezza 60 cm. larghezza 40 cm.
Esposizione:  sole – mezz’ombra
Resistenza : – 8°C

Helleborus vesicarius: il sogno botanico che rincorriamo da quindici anni

Ci sono piante che diventano vere e proprie ossessioni. Per noi, l’Helleborus vesicarius è una di quelle. Da oltre quindici anni lo inseguiamo, lo cerchiamo, lo sogniamo. Lo abbiamo prenotato più volte dal catalogo di Ashwood Nursery, senza mai riceverlo. Abbiamo scritto al botanico McLewin, che in un’occasione ci ha inviato una piccola porzione della pianta, purtroppo non sopravvissuta. Abbiamo contattato Tom Mitchell, che aveva fotografato esemplari e raccolto semi in natura, ma non ne possedeva più. Abbiamo persino coinvolto studenti e imprese turche locali. Tutto inutile.

Poi, finalmente, un piccolo spiraglio: il Dott. Gamoletti, esperto di peonie ed ellebori, ci ha generosamente donato alcuni semi. A lui va il nostro più sentito ringraziamento. Così, anche per noi, comincia questa avventura. Un viaggio lento, paziente, ma pieno di speranza.

Caratteristiche botaniche: lanterne nel vento

La prima cosa che colpisce dell’Helleborus vesicarius è la sua infruttescenza: grandi follicoli rigonfi, simili a piccole lanterne verdi. Un tratto insolito per un elleboro, che ci fa subito chiedere: perché questa forma?

La risposta è affascinante. Quando arriva il caldo, la pianta secca la parte aerea per sopravvivere alla siccità, conservando la vita nelle radici carnose. I follicoli, pieni di semi, si staccano prima di aprirsi e rotolano via, trasportati dal vento. Un meccanismo di dispersione geniale, che garantisce la diffusione lontano dalla pianta madre.

Abbiamo osservato, in anni di coltivazione, casi di fruttificazioni abnormi anche in specie botaniche incrociate. Forse questo tratto è nascosto nel genoma degli ellebori, pronto a manifestarsi in condizioni particolari.

Il fiore, che sboccia a febbraio, è campanulato, verde con una macchia rosso mattone al centro del tepalo. Non è appariscente, somiglia a quello dell’H. foetidus, ma i fiori  sono meno numerosi e spesso nascosti dal fogliame espanso.

Le foglie sono morbide, divise, verde chiaro e inserite sia alla base che sul fusto — una caratteristica unica tra gli ellebori, tanto da giustificare una sezione botanica dedicata solo a questa specie.

Le radici, profonde e carnose, fungono da riserva d’acqua durante l’estate. La pianta può raggiungere i 60 cm di altezza.

Coltivazione: una sfida per veri appassionati

Coltivare l’H. vesicarius non è semplice. La sua origine semidesertica richiede condizioni difficili da replicare: terreno asciutto ma non secco, soprattutto nei mesi più caldi. In molte zone italiane, l’umidità estiva può causare marciumi radicali.

Il drenaggio è fondamentale. Consigliamo di piantarlo vicino ad arbusti con radici superficiali, capaci di asciugare rapidamente il terreno dopo le piogge. Ottima la convivenza con bulbose come crocus, giacinti, narcisi e iris del gruppo Oncocyclus, che condividono lo stesso ciclo stagionale.

La coltivazione in vaso è più gestibile, ma comporta il rischio opposto: la disidratazione. Per evitarla, interrate il vaso in sabbia durante l’estate, in una zona ombreggiata bagnando se necessario ogni due o tre settimane. Concimate all’inizio del ciclo vegetativo, tra fine inverno e inizio primavera.

Ciclo di crescita: la pazienza è la chiave

I semi di H. vesicarius sono inconfondibili: castano chiaro, tondeggianti, grandi (2–3 mm), molto diversi da quelli delle altre specie. Germinano a novembre con l’emissione della radichetta, seguita a dicembre da uno o due cotiledoni. E per il primo anno… basta così.

Serve pazienza. Molta pazienza. Questa lentezza è tipica delle specie botaniche adattate a climi ostili. La parte aerea resta minima, mentre l’apparato radicale si sviluppa in profondità, preparando la pianta alla sopravvivenza estiva.

In primavera, i semenzai botanici si distinguono subito: pochi germogli visibili, ma radici vigorose sotto terra. Con l’arrivo del caldo, la parte aerea si secca, lasciando solo le radici e le gemme sotterranee. È fondamentale che, nel breve periodo vegetativo, la pianta riceva luce piena per fotosintetizzare e accumulare riserve.

Questo comportamento ci ricorda l’anemone nemorosa, che nei boschi vicino al nostro vivaio fiorisce a marzo e scompare due mesi dopo. Anche l’H. vesicarius segue questo ritmo: invisibile d’estate, riappare con il freddo.

Areale e distribuzione: tra Turchia e Siria

L’Helleborus vesicarius cresce spontaneamente solo nel sud-est della Turchia e nel nord-ovest della Siria. Zone affascinanti ma instabili, dove le autorità italiane sconsigliano di viaggiare. Questo ha limitato il prelievo indiscriminato, contribuendo — paradossalmente — a preservare la specie.

Secondo botanici come Brian Mathew, Tom Mitchell e McLewin, la pianta è tipica di ambienti mediterranei: estati calde e secche, inverni umidi. Cresce su terreni sassosi, argillosi, calcarei, con pH elevato (7,85 secondo le analisi di Ole Sonderhousen). La si trova in radure di boschi di querce e prati asciutti, tra i 500 e i 1500 metri di altitudine.

Condivide l’habitat con Acantines syriacus, Cyclamen coum, Iris, Crocus, Hyacinthus orientalis, Fritillaria — tutte piante che vanno in riposo durante l’estate.

Curiosità e ultime note

Il nome “vesicarius” deriva dalla forma delle infruttescenze, simili a vesciche. Come tutti gli ellebori, è una pianta tossica: il bestiame la riconosce e la evita, anche nelle zone di pascolo.

La sua resistenza al freddo non è stata testata a fondo, ma esistono esemplari coltivati che hanno superato temperature di –8°C.

Non esistono varietà di H. vesicarius, ma Ashwood Nursery ha prodotto un ibrido interspecifico dai fiori crema bordati di rosa. Anche questo, purtroppo, introvabile.

Il nostro futuro con H. vesicarius

Ora, nel 2025, anche il nostro vivaio possiede semi di H. vesicarius. Riusciremo a ottenere piante? Lo scopriremo nei prossimi anni. Se tutto va bene, la prima fioritura sarà tra quattro anni.

Serve pazienza. Tanta pazienza. Forse troppa, per un’epoca in cui tutto deve essere veloce e immediato. Ma è proprio questa lentezza che ci insegna a osservare, rispettare e amare davvero la natura.

Privacy Preference Center