ELLEBORI DANNEGGIATI: CAUSE E RIMEDI

LE MALATTIE DELL’ELLEBORO

In genere gli ellebori non sono soggetti a particolari patologie o danni. Infatti alcune piante, sfuggite al nostro controllo, si sono naturalizzate fuori dal vivaio crescendo, da molti anni, rigogliose senza alcuna cura o trattamento. Se, sfortunatamente avete dei problemi sugli ellebori vi consigliamo di adottare una pratica usata di routine nel resto del mondo, ma poco in Italia: il taglio delle foglie nel mese di gennaio, prima della fioritura. Le foglie tagliate non vanno compostate ma eliminate definitivamente (bruciate o portate in discarica). In questo modo eliminerete dal giardino tutte le spore e le uova di possibili funghi, acari o insetti dannosi. Ma attenzione !!! Durante il taglio sarà necessario disinfettare le cesoie passando da una pianta all’altra. Questo perché se avete ,per caso, una pianta infettata da un virus nel vostro giardino e non disinfettate le cesoie, trasferirete la malattia in tutta la vostra coltivazione.  Ricordatevi che per i virus non c’è cura.  La pandemia che ci ha colpito in questi anni ci ha fatto ben capire la pericolosità dei virus e l’importanza della sanificazione come metodo di prevenzione e lotta. Fortunatamente le virosi in Italia sono ancora rare ma all’estero sono abbastanza diffuse. Quindi attenzione all’importazione di piante. La descrizione che seguirà non vuole essere una trattazione completa ma selezionata in base all’esperienza personale.

DANNI PROVICATI DA FUNGHI (CRITTOGAME)

MACCHIA NERA (Coniothyrum hellebori)

Questa malattia compare con delle macchie nere tondeggianti, soprattutto sulle foglie e più di rado su steli e fiori. Le piante più colpite sono quelle appartenenti alla specie Helleborus niger ed Helleborus argutifolius , ma occasionalmente, si possono trovare anche su altre specie. La maggior parte delle piante da noi vendute appartengono alla specie Helleborus x hybridus e sono danneggiate  raramente da questo fungo. Le macchie hanno una dimensione di 1-3 centimetri e sono di colore marrone scuro. Se guardate attentamente, è possibile vedere la macchia formata da una serie di aloni concentrici. Questo fungo entra nei tessuti vegetali quando questi rimangono bagnati per almeno 48 ore. Per questo motivo una precauzione, per non avere problemi, è quella di evitare la bagnatura continuata delle foglie. La foglia,  ha però una difesa naturale costituita dalla cuticola esterna e la  cuticola è tanto più protettiva quanto più è spessa e dura. Lo spessore è legato alla quantità di azoto somministrato: tanto più la concimazione è abbondante di azoto, tanto più la cuticola è sottile e superabile dal patogeno. Per questo motivo vi consigliamo di somministrare concimi con poco azoto. Ma come riconoscerli? Se usate un concime liquido già pronto per l’uso, dovete scegliere quello destinato alle “piante fiorite”. Per gli altri concimi dovete guardate il “titolo” cioè la sequenza di numeri (normalmente tre) che indica la concentrazione di azoto (il primo numero), fosforo (il secondo numero), e potassio (il terzo numero). Il primo numero deve essere più basso del terzo (es: N P K = 8:16:24 ). Tra i concimi organici consigliamo il letame (anche pellettato) mentre sconsigliamo sangue di bue e pollina. Inoltre la cuticola è tanto più dura quanto più “ricca” di calcio; per questo vi consigliamo di apportare calcio alla pianta. Il calcio può essere aggiunto al terreno usando diversi tipi di prodotti: esistono in commercio dei formulati da diluire con cui bagnare la pianta. Anche tutti i concimi contenente il termine “carbonato” vanno bene (es: Carbonato di magnesio e potassio). Tra gli organici vi consigliamo letame, cenere di legna, gusci di uova polverizzati. La cenere da usare deve essere solo quella proveniente da legna e va usata nel dosaggio di due cucchiai da cucina per metro quadro. I prodotti devono essere aggiunti incorporandoli al terreno aiutandosi con le mani o con una piccola zappetta. Infine esiste anche la possibilità di proteggere le foglie con un prodotto chimico. Il più utilizzato è il “verderame” o ossicloruro di rame. Vi consigliamo inoltre di eliminare le foglie o la porzione della foglia con la macchia nera perché da quei tessuti danneggiati usciranno le spore per le infezioni successive. Quindi riassumendo il controllo della macchia nera si ottiene: 1- Evitando di bagnare le foglie, 2- somministrando poco azoto, 3- fornendo calcio, 4- eliminando i tessuti danneggiati.

MUFFA GRIGIA (Botrytis cinerea)

La muffa grigia è una malattia molto diffusa e può colpire quasi tutte le specie orticole e ornamentali, anche se in tempi e con modalità diverse. Sull’elleboro può provocare danni durante il periodo di febbraio, marzo e aprile e in modo nettamente inferiore nel periodo autunnale. Il danno più grave è quello che colpisce la base dello stelo fogliare e fiorale proprio vicino al terreno. In questo caso alla base dello stelo si forma un’area marrone che in caso di alta umidità di ricopre di una muffa grigia (da cui il nome). I tessuti perdono consistenza e la foglia si accascia al suolo. Queste foglie di solito si staccano facilmente dal terreno se tirate. La Botrytis è “infettiva” e passa facilmente dalla base di uno stelo a quello adiacente coinvolgendo, in alcuni casi, una buona parte della pianta. Per questo motivo, la prima pratica da attuare appena si riscontra questo problema è quello di eliminare le foglie danneggiate asportando il più possibile il tessuto marcescente. In questo modo si impedisce alla malattia di propagarsi. Normalmente, basta questa semplice operazione per risolvere il problema. In qualsiasi caso è necessario tenere presente che la “muffa grigia” non colpisce il rizoma e quindi non provoca la morte della pianta che in seguito riprenderà a vegetare riemettendo nuovi germogli. Anche gli stami sono molto sensibili alla botrite e, dopo essersi staccati dal fiore, possono ammuffire coinvolgendo, a causa della già citata capacità infettiva, i tessuti con cui vengono a contatto (fiore o stelo fiorale). Anche in questi casi basta asportare i tessuti malati per interrompere la diffusione della malattia. Esistono in vendita diversi prodotti biologici e chimici per il controllo di questa malattia anche se noi abbiamo trovato più efficace la eliminazione immediata delle parti colpite e la pulizia della pianta.

 

PERONOSPORA (Peronospora pulveracea)

La peronospora è ,tra tutte le malattie dell’elleboro, quella più subdola. Compare in tantissimi modi diversi e perciò diventa difficile da individuare con sicurezza. Il sintomo più classico consiste in macchie brune sulle foglie. In questo caso, a differenza della macchia nera, le aree colpite non sono tonde ma poligonali. La forma a poligono è dovuta alla barriera esercitata dalle nervature alla espansione del fungo. In alcuni casi le nervature non riescono a delimitare la diffusione della peronospora che si estenderà su tutta la lamina fogliare. I tessuti colpiti diventano, prima verde chiaro, in seguito giallini e infine marroni. Se l’umidità è sufficientemente alta, sulla pagina inferiore della foglia, in corrispondenza dei tessuti colpiti comparirà una muffetta grigia. Spesso le foglie colpite assumono la forma di un cucchiaio rovesciato. Se il fungo colpisce la gemma, il germoglio che si svilupperà avrà foglie piccole basse e clorotiche, più o meno deformi. Quando compare questa malattia in un giardino noi consigliamo l’eliminazione immediata di tutte le foglie e i germogli colpiti e il taglio di tutte le foglie (anche quelle sane ) a gennaio prima della fioritura. Infatti la malattia permane in giardino se persistono sulla pianta o sul terreno dei tessuti malati. Le piante così pulite riattiveranno delle nuove gemme e quindi nuovi germogli che usciti dal terreno non troveranno nell’ambiente le spore pronte ad infettarli. Se si desidera intervenire chimicamente consigliamo tre trattamenti in febbraio-marzo  e un trattamento in autunno con un prodotto a base di rame. I trattamenti devono essere distanziati l’uno dall’altro di due settimane circa. Altro prodotto efficace, che stimola le difese naturali della pianta, è il fosetil-alluminio. Il fosetil-alluminio è contenuto in diversi prodotti commerciali con nomi diversi. Fatevi consigliare dal tecnico che tutti i consorzi e garden hanno a disposizione.

 

DANNI PROVOCATI DA INSETTI

Gli insetti dannosi per l’elleboro sono: Afidi, Imenotteri tentredinidi e Oziorinco. In tutti i casi, anche in seguito a forti attacchi, le piante non muoiono, perché il danno è limitato alle foglie, mentre il rizoma rimane intatto.

AFIDE DELL’ELLEBORO (Macrosiphum hellebori)

Gli afidi sono dei piccoli insetti con apparato boccale succhiatore che si sviluppano prevalentemente sulla pagina inferiore delle foglie giovani e vecchie. In casi gravi ricoprono anche lo stelo fiorale e i fiori. Questi insetti si riproducono rapidamente provocando in breve tempo delle infestazioni importanti. La linfa , di cui si nutrono, viene filtrata e la parte zuccherina viene scartata, lasciandola cadere sulle foglie sottostanti che ,di conseguenza si ricoprono di una patina appiccicosa. Gli afidi crescendo cambiano l’esoscheletro che ricade anch’esso attaccandosi sulle foglie inferiori. Questi esoscheletri appariranno come dei piccoli aggregati bianchi inconsistenti. Col tempo lo strato zuccherino viene colonizzato da dei funghi di colore grigio-nero determinando quella che si chiama “fumaggine”.  Le piante più colpite sono quelle protette dalle intemperie: riparate sotto balconi o sotto chiome importanti. Esistono diverse specie dannose ma la più comune si chiama Macrosiphum hellebori. Le piante colpite cominceranno a soffrire quando l’infestazione è molto sviluppata, ma non ho mai riscontrato casi letali.  I danni più importanti sono di natura estetica e sanitaria perché gli afidi ,spostandosi da pianta a pianta, possono trasferire delle virosi qualora queste siano presenti in giardino.

CONTROLLO DEGLI AFIDI

Se la pianta è in fioritura vi consiglio di usare un getto d’acqua diretto sulla vegetazione. Questo stacca l’insetto e lo lascia cadere a distanza causandone spesso la morte. L’intervento non è risolutivo, ma limita la popolazione e lava le foglie. Terminata la fioritura (caduti tutti gli stami) potete intervenire con dei prodotti naturali, come il Piretro Naturale. Il piretro è molto efficace e ad effetto immediato e va spruzzato su tutta la pianta, sopra e sotto le foglie. L’insetto muore solo se viene colpito da una goccia del prodotto. Il prodotto si decompone completamente in 24-48 ore ed ha una tossicità veramente bassa. Si consiglia di fare i trattamenti verso sera, perché l’insetticida è disattivato rapidamente dalla luce intensa. In alternativa, si possono usare anche dei prodotti insetticidi di sintesi. Ne esistono molti in commercio l’importante è che sia catalogato come “aficida o insetticida sistemico”. Il prodotto con queste caratteristiche potrà essere spruzzato sulla pianta senza curarsi di raggiungere direttamente l’insetto. Il prodotto sistemico entra nei tessuti e si distribuisce omogeneamente attraverso il sistema linfatico della pianta raggiungendo tutti gli afidi presenti. Se desiderate usare un aficida sistemico fatevi consigliare dal tecnico responsabile del consorzio o garden di fiducia.

COME ELIMINARE LA FUMAGGINE

La fumaggine può essere eliminata lavando la foglia con un getto di una soluzione di acqua e sapone molle di potassio o sapone di marsiglia.

 

Oziorinco (Othiorrhynchus sulcatus)

Questo coleottero è abbastanza diffuso nei giardini dove determina danni soprattutto a ornamentali come Cyclamen, Heuchera, Tricyrtis …… ma anche Rhododendron, Prunus, Aralia…. etc.. Gli adulti non amano particolarmente gli ellebori a cui danneggia il bordo fogliare che viene roso in modo caratteristico lasciando un’incisione a semiluna. Anche le  larve danneggiano la pianta nutrendosi delle radici. Nonostante quanto riportato da alcuni, noi non abbiamo mai riscontrato danni importanti nei giardini a carico degli ellebori provocati da questo insetto. L’Oziorinco ha una sola generazione all’anno e sverna come larva a livello delle radici. Gli adulti fuorescono dal terreno da maggio sino all’autunno, si nutrono, e in seguito depositano le uova nel terreno da cui nasceranno le larve svernanti. L’insetto si nasconde durante il giorno e quindi non lo troveremo mai sulla foglia su cui abbiamo osservato il danno. Al crepuscolo si riattiva, e raggiunge le foglie per nutrirsene. In questa fase può essere raccolto manualmente e ucciso, ma questa operazione è resa difficile da un particolare comportamento di difesa. Infatti quando si sente in pericolo, l’adulto si lascia cadere facendo finta di essere morto (tanatosi). L’immobilità abbinata al colore mimetico lo renderanno “invisibile” su una superficie di foglie e sassi come quella presente sotto le piante. Un stratagemma per eludere questo trucco è quello di mettere a  livello del terreno una stoffa o un foglio bianco in grado di evidenziare l’insetto una volta caduto. Se avete poche piante la raccolta diretta e i trattamenti con insetticidi classici durante l’anno, quando gli adulti sono presenti, è sufficiente per risolvere il problema, ma nel caso di molte piante è necessario adottare o integrare questo con un’altra strategia di lotta. Il sistema di controllo migliore si ottiene usando un antagonista che si nutre delle larve nel terreno: il nematode Heterorhabditis bacteriophora. Questo nematode  è venduto da molte aziende anche se noi, per esperienza, consigliamo Verdepieno collegata a Bioplanet. Il trattamento più importante si fa a settembre-ottobre quando le temperature del terreno sono ancora sopra i 12 gradi centigradi e il terreno tende a rimanere umido. Fate attenzione perché i nematodi sono vivi e quindi è necessario farsi trovare a destinazione quando arrivano e conservarli in frigorifero. Quindi seguite le istruzione che troverete nella confezione. Il nematode farà il resto andandosi a cercare la preda nel terreno. Un secondo intervento complementare si può fare in primavera, di solito ad aprile.

 

TENTREDINE DELL’ELLEBORO (Hymenoptera Tenthredinidae)

Col passare degli anni i nostri clienti ci inviano sempre più spesso immagini di piante danneggiate da questo Imenottero. Le larve di questo insetto compaiono in primavera e sono in grado di defogliare completamente una pianta lasciando solo qualche brandello di nervatura fogliare. Il danno, per quanto grave, non determinerà la morte dell’Elleboro che riprenderà a vegetare dopo una prima fase di stallo. Le piante più colpite sono gli ellebori botanici e quelli del gruppo Helleborus x hybridus, mentre gli ellebori interspecifici non vengono offesi. I primi danni si osservano ad aprile-maggio con la comparsa di piccole aree distribuite irregolarmente sul lembo fogliare assomiglianti a una membrana di cartavelina marrone. L’effetto è provocato dall’attività trofica delle giovani larve posizionate sotto la foglia. Inizialmente si limitano a nutrirsi dei tessuti fogliari lasciando intatta la cuticola esterna semitrasparente. Ma , in seguito, crescendo attaccheranno tutto il tessuto fogliare forando completamente le foglie e spogliandole sino a ridurle ad uno scheletro di nervature. A tarda primavera le larve si lasceranno cadere nel terreno dove si impuperanno in attesa di uscire come adulti durante la primavera successiva. Se si sono identificati questi insetti nel giardino sarà necessario osservare periodicamente le piante durante la primavera e intervenire precocemente. Alla comparsa dei primi danni le piante sono già sfiorite e possono essere trattate con un insetticida. Potete usare del piretro naturale (in questo caso va spruzzato anche sotto le foglie), un insetticida generico, o un insetticida sistemico (in questo caso potete trattare solo in superficie). Da un lavoro effettuato in Francia risulta efficace, per la lotta biologica l’uso dell’estratto di Neem da distribuire a più riprese durante la primavera.

 

DANNI PROVOCATI DA ACARI

Tra gli acari che possono danneggiare gli Ellebori descriveremo solo il “ragnetto rosso” perché è l’unica specie che abbiamo riscontrato su queste piante nell’arco di tanti anni di osservazione.

RAGNETTO ROSSO (Tetranycus urticae)

Il ragnetto rosso comune o bimaculato è un acaro in grado di attaccare molte piante, tra cui anche l’elleboro. Non mi è mai capitato di trovare ellebori cresciuti o coltivati all’aperto danneggiati da questo acaro ma, al contrario, la loro presenza è frequente quando le piante sono coltivate al riparo: in serra, sotto un balcone, in un loggiato o in veranda. Gli acari si sviluppano inizialmente solo nella pagina inferiore delle foglie a livello della nervatura centrale. Sono abbastanza difficili da vedere perché quelli più grossi hanno al massimo la dimensione di mezzo millimetro, ma se si osserva attentamente si riescono a individuare. La loro attività consiste nel pungere la foglia e svuotare le cellule che riescono a raggiungere. Questa operazione ripetuta porta alla formazione di tessuti con una fine punteggiatura argentata visibile anche sulla pagina superiore. Nella pagina inferiore delle foglie colpite si trovano le uova, gli stadi giovanili (di colore chiaro), le femmine adulte (di colore rosso), gli escrementi di colore scuro e, in caso di forti infezioni, una fitta ragnatela che potrà alla fine ricoprire anche l’intera foglia o addirittura tutto il germoglio. In seguito le foglie cominciano a seccare. Si consiglia di attivarsi nella lotta contro gli acari quando le infestazioni sono all’inizio. Il lavaggio della vegetazione con getti di acqua, l’eliminazione delle foglie più infette e lo spostamento della pianta in una zona più fresca può aiutare al contenimento della popolazione di questo patogeno. Se l’infestazione non è ancora molto diffusa si può adottare anche la lotta biologica con l’acquisto e la successiva liberazione di un acaro predatore: Phytoseiulus persimilis. Noi acquistiamo questo predatore presso l’azienda Verdepieno della Biolab di Cesena, con buoni risultati. In casi estremi si può intervenire con prodotti chimici, ma in questo caso vi consiglio di rivolgervi al responsabile del consorzio o garden di fiducia. Normalmente gli acaricidi hanno un’azione di contatto e quindi devono essere ben distribuiti anche sotto le foglie perché devono raggiungere direttamente l’acaro.